Il sole ancora alto sull’orizzonte scaldava piacevolmente il terreno, era il momento giusto per godere della vita che mi era offerta.
Anche le nuvole, che rade interrompevano la continuità dell’azzurro, riuscivano ad influenzare solamente la mia quiete emotiva riproponendo l’interrogativo su come esse possano galleggiare in cielo. Ma nulla più.
La stagione secca stava bussando alle porte ma quest’avvicendamento non veniva ancora percepito dall’ambiente circostante. Tutto, me compreso, si trovava in uno stato di sospensione dove il fluire della vita era solo un rumore di fondo.
Già, riconosco sia bizzarro parlare di rumore per uno che non dispone di padiglioni auricolari ma sto parlando e non avrei i mezzi per farlo e soprattutto sto pensando, contrariamente ai più comuni stereotipi su quelli come me. E la parte più importante è proprio “me” che non avrebbe potuto essere ed invece è.
In ogni caso, superate le opportune deficienze tecniche, riuscivo a captare qualcosa d’incombente. Piccoli segnali come il volo degli uccelli che oscurano il sole, piccoli segnali che riesci a vedere solo entrando in sintonia con l’ambiente che ti circonda.
Sintonia?
Il difficile sta solamente nel capire se i segnali annuncino veramente qualcosa o se la bramosia del cambiamento generi miraggi. Ma cosa importa? Anche i miraggi mutano la realtà.
Eppure mi sembrava di percepire sottili nubi accumularsi all’orizzonte anche se nulla di logico mi dava la conferma a ciò. Immaginavo milioni di filamenti che convergevano nel punto in cui il loro destino si sarebbe concretizzato, forse nessuno di loro sapeva cosa stesse facendo, pur tuttavia era a conoscenza dell’ineluttabilità delle proprie azioni. Una miriade di elementi isolatamente insignificanti ma pronti a realizzare una tempesta al raggiungimento della massa critica.
Forse questa sensazione era dovuta unicamente alla luce del giorno che appariva perdere potenza e lo spettro della tempesta era vissuto solamente nella mia immaginazione, forse stava semplicemente arrivando la sera ma questo non faceva diminuire le mie preoccupazioni.
Ho passato la mia vita a cercare una risposta a domande ritenute dai più insignificanti e per farlo ho visitato gran parte del conosciuto. Anche se non ho la più pallida idea di quanto valga questo “conosciuto” sia in termini qualitativi che quantitativi.
Ormai la luce stava lasciando il posto alle tenebre, la battaglia poteva iniziare.
Dovevo essere forte per sopravvivere ad un’altra notte di sofferenza.
La notte sarebbe arrivata comunque, che io lo volessi oppure no. Avrei potuto resistere, come ho fatto tante volte, ma sotto sotto l’aspettativa era sempre grande anche se il più delle volte era stata disattesa. Anzi lo era stata tutte le volte.
Quello che attendevo non si è mai realizzato, ma spesso ho pensato che sarebbe bastato ancora molto poco perché scoccasse quella scintilla, serviva forse solo un minuto in più perché la differenza tra vero e percepito si annullasse, e accadesse quella cosa che ti cambia la vita, per sempre.
Un minuto in più? Ma di che parlo? Come sia possibile quantificare il tempo per me è sempre stato un mistero
Ma non è mai accaduto. O forse si, e allora mi domando come possa essere tornato indietro.
L’unica certezza che in tutto questo tempo mi accompagna è il dolore, che a suo modo è verità.
To be continued …