Massimiliano Padovan Di Benedetto

Sette

Sette come? Sette come sette giugno, un giorno nuovo e nel contempo un giorno già vissuto, un giorno che per me significa qualcosa. Un giorno, come tutte le ricorrenze, che pesa come un macigno perché è il giorno dei conti. Ma i conti in questo momento di dolore e confusione sono più semplici di quanto si possa immaginare, e paradossalmente sono positivi.
Rispetto al sette giugno scorso molto è cambiato e sono contento di aver sempre sostenuto: "Ciò che sei lo devi a ciò che hai fatto" percui le gioie e i dolori che hai subito, se sono riusciti a fare di te una persona migliore hanno avuto buona ragione di essere e questo diventa reale stimolo per affrontare la vita ed a allontanare le fantasie di annullare le cose (che sovente mi capitano) che ti riportano improduttivamente ad uno stadio di regressione dove ti senti sicuro e protetto (ma inerte).
Provo a vivere un continuo tentativo di capitalizzazione del mio passato esperienziale che spero mi porti a costruire ciò che vorrei essere (ma di cui naturalmente non ho visione chiara). E questo non è facile perché alcune cose mi piacerebbe annullarle ma così il gioco diverrebbe sterile.
E’stato un anno di forti contrasti, che mi hanno fatto mettere in gioco e che hanno portato a questo stadio che mi viene da paragonare a quello di una vongola che spurga. E tutto ciò é molto bello (e doloroso) anche perché quest’anno é riuscito a farmi attaccare uno dei miei vizi più neri: procrastinare. Superato? No! Ma almeno il demone (uno dei tanti) ora si é rappresentato con chiarezza, é visibile e quindi é possibile aprire la caccia ad esso.
Procrastinare implica il concetto di tempo, anch’esso vissuto da me in maniera bizzara. Il tempo vissuto da me non ha una struttura omogenea ma é solamente una sequenza di avvenimenti che ti portano a pensare giorni lunghi come anni e anni lunghi come giorni e in questo il virus del procrastinare ci sguazza.
Anche oggi il tempo é tiranno e come al solito il senso di ciò che scrivo mi sfugge (ma non dispero che un giorno da questi post si possa tirar fuori un Max Pensiero) percui mi scuso ancora senza prima però esimermi dal lancio di un altro pensiero anch’esso, in qualche modo, legato al tempo.
Si sostiene che nessuno sappia come esso si rappresenti (ma sapete di cosa io stia parlando) ma se lo incontri lo riconosci. Bene, io penso di aver fatto appena in tempo a riconoscerlo prima di essere catapultato nell’impossibilità (spero momentanea) di viverlo.
E allora la domanda nasce spontanea: Sono stato fortunato a riconoscerlo e questo é il mio tesoro? Si perpetua a mie spese il supplizio di Tantalo? La conoscenza senza il vissuto non serve a nulla, tanto meglio vivere nell’ignoranza?
La risposta mi viene da dentro ed é la prima, anche se le sirene dell’autoconservazione spingono nella direzione della distruzione, ma sono queste sirene che mi accingo a vincere. perche io voglio amare e mettermi in gioco.