Prima che Mattarella accettasse di replicare il suo mandato, nel nostro paese c’è stata una forte discussione sull’opportunità di eleggere una donna alla più alta carica dello Stato.
Fatto salvo che il merito principale per una tale carica debbano essere in primis le qualità e non il genere, io condividevo totalmente questo orientamento, all’unica condizione che poi si fosse chiamata “Presidente” e non “Presidentessa” perché ormai non se ne può più di questa ottusa nouvelle vague di femminilizzare i ruoli. Un ruolo è un ruolo e come tale va espresso.
E anche per il resto, diamoci una calmata! Qualcuno mi definisce “Una bella persona”, dovrei offendermi e chiedere di essere descritto come “un bel persono”?
Torniamo al dunque di queste righe e dopo aver constatato che questa intenzione di dare merito al contributo che le donne danno alla nazione è naufragata, a mio avviso, in una misera soluzione di tutela degli interessi personali, analizziamo quello che è il sentiment della nostra società nei confronti dei ruoli e riconoscimenti concessi alle donne. Si, concessi è il termine giusto.
Se pensiamo che la politica sia solo una parte della società basta considerare che nei 120 anni di storia del premio Nobel sono state premiate solo 58 donne contro quasi 890 uomini.
Per quanto riguarda la cultura, la prima donna attrice nota in Italia è Lucrezia di Siena che venne ingaggiata durante il carnevale per una commedia, era il 1564. In altri paesi come l’Inghilterra è andata peggio! E ad oggi, le dieci dive più pagate al mondo hanno ottenuto un cachet complessivo di 186 milioni di dollari contro i 748,5 milioni di dollari della top ten maschile.
Nel lavoro normale? Le donne sono mediamente pagate molto meno degli uomini anche a parità di ruolo, particolarmente nelle mansioni manageriali.
La pandemia certo non ha dato una mano, se consideriamo i 444.000 occupati in meno registrati in Italia in tutto il 2020, scopriamo che il 70% è costituito da donne.
E si potrebbe andare avanti a lungo senza purtroppo alcuna sorpresa.
Ma ora c’è Sanremo, il polpettone nazional-popolare dove prevalgono i buoni sentimenti e le buone intenzioni.
Qui la situazione sarà diversa? Se spulciamo i dati ufficiali scopriamo che nella sua storia l’80% della conduzione di Sanremo è maschile, che il 72% delle esibizioni è maschile mentre per quanto riguarda la direzione artistica, su 72 edizioni questa è stata affidata una sola volta ad una donna (ovviamente condivisa con altri due uomini).
Ma le buone intenzioni ci sono, e come avete potuto vedere durante la serata di Sanremo dell’altro giorno, Drusilla Foer ha avuto un notevole spazio per parlare di argomenti importanti che riflettono la situazione della nostra società e che ci danno indicazioni su come comportarci nel futuro!
Peccato che Drusilla sia in realtà un uomo di nome Gianluca Gori (peraltro bravo e talentuoso attore delle cui doti nessuno dubita), e questo dovrebbe farci riflettere. È possibile che una donna non venga ritenuta capace di ricoprire un ruolo importante e sia legata sempre ad un ruolo subalterno di valletta e quando c’è qualcosa da dire che abbia un contenuto reale è meglio scritturare un uomo che si finge donna e che sappia esprimere la visione femminile ritenendo che una donna non ne sia all’altezza?