Massimiliano Padovan Di Benedetto

Punto

Ecco che improvvisamente appare il più semplice degli enti geometrici, quello privo di dimensioni, il che significa anche, che non essendone vincolato in alcuna le contempla tutte.

Ma è infinito il significato di questo ente che assume sembianze deformate quando con rabbia lo scheggiamo su di un foglio con una matita la cui punta verrà per sempre deturpata ed anche a volerla rifare non sarà mai più la stessa punta. E la memoria torna ancora a Eraclito che sosteneva impossibile fare il bagno due volte nello stesso fiume, perché il fiume non sarà più lo stesso.

Punto fermo, Punto interrogativo, Punto esclamativo, Punto di vista, Punto di svolta, Punto di partenza, ed insieme a loro tutti gli altri punti hanno in comune una cosa: fissano il tempo e così danno senso ad un aggregato informe di cose che improvvisamente diventa “Passato”.

Lo spartiacque del tempo, dove prima era una cosa e dopo è stata un’altra, implacabilmente ti mette di fronte all’ineludibile esercizio del bilancio. E non puoi chiudere gli occhi per non vedere, e non puoi coprirti le orecchie per non sentire, perché quelle immagini e quei suoni vengono da dentro. Il Passato chiude la trilogia futuro-presente-passato ma ne apre sempre un’altra col vantaggio, solo suo, che alla fine ne farà sempre parte.

Novi Paladina affermava: “Ciò che sei lo devi a ciò che hai fatto” ed anch’io, in disaccordo con Alda Merini che lo definisce “.. fumo di chi non ha vissuto”, credo al valore costruente di questa affermazione aggiungendovi ad essa la chiosa: “Percui, se sono un uomo migliore hanno avuto ragion d’essere sia le esperienze negative che quelle positive”, ma la domanda vera è: sono veramente un uomo migliore? E se lo sono per definizione evoluzionistica questo giustificherebbe le mie mancanze? Sicuramente sono debole perché ho ricominciato a porre domande senza risposta!

Ma veniamo ai fatti, oggi o meglio ieri (ma solo perché sono quasi le tre) sono inciampato in un punto veramente grande, ma così grande che ancora non ho capito di che punto si trattasse. Era enorme ed io ero al centro di questa sconfinata macchia nera senza riuscire a vederne i confini, Punto fermo, Punto interrogativo, Punto esclamativo? Non saprei ma ho capito solo una cosa: che il sottotitolo di questo inutile blog ovvero “Alla ricerca di una direzione” è sempre più attuale. Da quella distesa nera sono uscite delle bolle trasparenti che all’interno celavano una frase, diversa per ognuna, che mi domandava chi fossi, cosa volessi, cosa facessi e mille altre imbarazzanti questioni. A qualcuna di queste bolle sono riuscito a dare una risposta convincente, ma ad altre no. E questo è un problema.

Un lato positivo appare evidente. Devo ringraziare quel punto che così forte mi ha punto (oh, ecco un altro significato che fa soffrire!) per aver portato alla luce ombre sepolte dall’alba dei tempi (i miei naturalmente) ed avermi così “regalato” (lo virgoletto per dargli un’enfasi sarcastica) l’opportunità di crescere. Tutto ciò suona fico ma ha una reminescenza sinistra, il dolore come forma di elevazione nella religione cattolica!

In ogni caso “Ciò che sei lo devi a ciò che hai fatto” mi riporta a Sette di due anni fa e questo un pò mi spaventa, non tanto per la frase che rimane quella che è ma per la situazione che quel post rappresentava.

Sempre ieri, dopo l’incontro col punto, un amico mi ha fatto notare che chi ama, indipendentemente dall’esito, ha la capacità di farlo, ed è un patrimonio prezioso. proprio vero ma questo fatto, specialmente in certi momenti, non ti tira completamente su. Comunque è l’unico cuscino con cui stanotte me ne andrò a dormire.