Continua la mia battaglia per depurare la rete dai bizzarri abitanti che la ingolfano inutilmente e oggi me la prendo con quelli che guardano il mondo dal buco della serratura senza avere il coraggio di apparire.
Avete già capito? Spero di si, sto parlando di quelli che come avatar non hanno la loro faccia che neanche si trova all’interno del profilo ma animali, giocattoli o cartoni animati.
Per quelli che fanno finta di non capire chiarisco cosa sia l’avatar, ovvero un parola in Sanscrito che nella tradizione induista significa “colui che discende” originariamente pensata per quelle povere divinità che prive di corpo fisico nel loro mondo o munite di uno inadeguato per essere presentato agli esseri umani, nel momento in cui erano obbligati a doversi incarnare ne sceglievano arbitrariamente uno.
L’avatar nell’accezione informatica è quella immagine che rappresenta l’essere reale nel mondo virtuale della rete. Per farla semplice, è la piccola immagine del profilo utente in uso nella totalità dei social network.
Se posso accettare che un dio privo di corpo si faccia rappresentare da un essere mezzo uomo e mezzo toro o un altro da una bella fanciulla che nulla ha a che fare con il vero corpo dotato di cinque marcescenti teste, perché voi che avete una faccia vi fate rappresentare da una banana?
Interpretate alla lettera quello a cui partecipate, altrimenti invece di chiamarsi Facebook si sarebbe chiamato Fruitbook o Toybook! Se volete proteggere la vostra privacy non vi iscrivete e guardate la televisione.
Lo stesso discorso vale per quelli che usano nomi astrusi per potersi fare i cavoli altrui protetti dall’anonimato, o per quelli che lo cambiano nel corso del tempo facendo si che la vostra cerchia man mano si popoli di esseri misteriosi.
Capisco quelli che non si sentono baciati dalla fortuna nel nome e nell’aspetto e sono disposto ad accettare foto artistiche e aggiunte di appellativi esaltanti tra il nome e il cognome ma mantenete una vostra identità, vi prego!
Fatelo per la vostra dignità oppure ritiratevi in silenzio.