Anche voi avrete notato che oggi le nostre timeline sembravano “Donne sull’orlo di una crisi di nervi” e non a caso prendo a prestito il titolo di un film di Almodovar perché decine e decine di commenti sono entrati in frenetica rotta di collisione sui post di Facebook, argomento del contendere? L’oscar al film di Sorrentino.
Prima di prendere parte a questa tenzone vi scodello il mio giudizio sul film (così posso passare oltre) che è il seguente: “Bella fotografia e grande recitazione in un film privo di sceneggiatura che guarda la città eterna come potrebbe vederla un redattore australiano della giuda Lonely Planet”.
Fatto salvo che ciò non significa che il film sia brutto vengo al motivo della mia riflessione che non è l’oggetto ma il senso della discussione.
Primo, e come ho già detto, l’Oscar è un’americanata fatta per americani e direi che è facilmente intuibile dal fatto che il premio è organizzato con il sistema “Noi e il resto del mondo” che grossolanamente tradotto significa venticinque oscar a film americani e uno agli altri. Dunque non solo non è paragonabile per autorevolezza ad un premio Nobel ma sicuramente l’Oscar verrà vinto da un film fatto per gli americani e sette premi a Gravity di Cuarón, se lo avete visto, vi spiegheranno qualcosa. Da ciò ne consegue che il fattore qualitativo è relativo al contesto e non bisogna strapparsi i capelli se i capolavori vengono ignorati.
Secondo, e conseguente al primo, gli italiani vedono il mondo come una partita di calcio, in ogni italiota si nasconde un commissario tecnico della nazionale con in testa sempre la strategia vincente: “Io farei così”, “Avrei mandato quello”, “Non ci rappresenta” e via dicendo. Bene se pensate di avere la risposta giusta allora fate così: trovate una sceneggiatura memorabile; convincete un produttore lungimirante; scegliete un cast stellare; assoldate un direttore della fotografia illuminato; dotatevi di una colonna sonora sublime; mettetevi a dirigere il film; scovate un genio del montaggio e vincetelo voi un Oscar così non rompete più i coglioni. Ah, ho dimenticato i costumi ma quella è la cosa più facile!
Terzo, un Oscar (anche viziato dal primo punto) è sempre un buon viatico promozionale per gli interessi economici e la cultura italiana, e nel ricordarvi che anche Borat ha reso benefici al Kazakistan, affermo solennemente che se anche l’avesse vinto un B-movie avremmo dovuto solamente festeggiare e non rompere le scatole.