Fresco nelle sale cinematografiche, Il caso Spotlight mi ha colpito per la rilevanza dell’argomento trattato e per l’omertà che contraddistingue la vicenda.
Venerdì il programma della serata è saltato, allora Anna ci ha proposto di andare al cinema, «Dove?» domando io, «all’Eden» risponde lei e io confermo la mia presenza senza chiedere altro. Per chi vive nella Capitale questo cinema rappresenta una garanzia di programmazione, e non è solo per la presenza di Ermanno Nastri, già direttore di sala del Nuovo Sacher, il cinema di Nanni Moretti.
Arrivo in ritardo, trafelato mi siedo e domando «che film vediamo?», Anna mi risponde «Il caso Spotlight». Non ne so nulla ma le luci si abbassano e non posso chiedere altro. Ed inizia il film che, basato su fatti realmente accaduti, è stato scritto e diretto da Tom McCarthy e racconta l’indagine giornalistica condotta da Spotlight, una sezione indipendente nella redazione del Boston Globe che si occupa di inchieste di ampio respiro, sugli abusi sessuali perpetrati su adolescenti da molti esponenti del clero cattolico dell’arcidiocesi di Boston.
L’indagine nasce per volontà dell’allora nuovo direttore del Globe, Martin Baron (Persona reale che attualmente dirige il Washington Post) che essendo ebreo e di un’altra città non è sensibile alle pressioni locali e induce il team di Spotlight ad indagare su questo scandalo scontrandosi con la chiusura omertosa della città che protegge compatta la chiesa cattolica più influente del Nord America.
Del resto non vi parlo, non solo perché troverete in rete recensioni molto più efficaci ed influenti della mia ma soprattutto perché reputo che questo film valga la pena di esser visto.
Non penso sia un capolavoro della settima arte, e pur essendo candidato a sei premi Oscar, soffre di una regia di non altissimo profilo risultando a volte didascalico e senza slancio, quasi come un docufilm per il piccolo schermo. Ma è un film necessario. Una storia di antieroi che, nella vita reale, nel 2003 valse al team di Spotlight il premio Pulitzer per il servizio pubblico e costò all’arcidiocesi di Boston 85 milioni di dollari come risarcimento nei confronti di parte delle vittime di questi abusi. Una storia che bisogna conoscere e che ci interessa da vicino, foss’anche perché il cardinale Bernard Law fu trasferito, dopo le dimissioni, alla carica di arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore.
Concludo regalandovi una domanda che mi è rimasta in testa dopo le ricerche svolte in rete ed aver letto il famoso Jonny Jay Report: «Perché negli Stati Uniti più dell’80% delle accuse, rivolte a sacerdoti, per abusi su minori riguardano abusati di sesso maschile?».
Chi ha una risposta si faccia avanti.